Proposta di legge “Un cuore che batte”

firma in comune entro il 7/11

In corso la raccolta firme, ne servono 50.000 entro il 7 novembre, per la proposta di legge di iniziativa popolare che mira a ridurre gli aborti. Si firma nel proprio comune di residenza (a Rio Saliceto ogni giorno dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12 presso gli uffici di segreteria in municipio)

Una iniziativa nazionale in difesa della vita. È quanto promosso dal Comitato della proposta di legge “Un cuore che batte” che chiede l’introduzione, nell’art. 14 della Legge 194 del 1978, del comma 1-bis, che prevede l’obbligo per il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza, di far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso.

Per presentare questa proposta di legge in Parlamento è necessario raggiungere almeno 50mila firme entro il 7 novembre. Il Comitato della proposta di legge “Un cuore che batte” invita ciascuno a fare la propria parte. I moduli e tutta la documentazione necessaria per l’attivazione della raccolta firme sono stati inviati in tutti i Comuni d’Italia, cui occorre rivolgersi per aderire. Per sapere in quale ufficio e in quali orari sé possibile firmare occorre contattare il proprio Comune di residenza. Nel caso non sia stata ancora attivata la raccolta firme telefonare al 346-7035866.

«Negli Stati in cui quest’obbligo è stato approvato – sottolineano i promotori di questa iniziativa nazionale – sono stati salvati migliaia di bambini. Il diritto alla vita, che è il diritto fondamentale di tutti i diritti umani, è inviolabile ed è necessario che la società tutta si ponga a difesa della vita del concepito e del vero bene della donna, a maggior ragione è chiamato a mobilitarsi il cristiano, in quanto l’aborto viola il comandamento di non uccidere».

Con la proposta di legge “Un cuore che batte” i promotori intendono garantire piena applicazione alla legge sul consenso informato. «È obbligo giuridico e deontologico del medico – ricordano i promotori della proposta di legge – che la donna abbia il diritto di essere resa consapevole della vita che porta nel grembo, una vita con un cuore che pulsa. Quindi il medico che effettua la visita che precede l’aborto, ha l’obbligo di fornire un’informazione cruciale, che né per legge divina né per il diritto naturale, può sottacere alla donna». E proseguono: «La dottrina cattolica ci esorta a sostenere proposte mirate a limitare i danni di una legge abortista, quando non fosse possibile scongiurarla o abrogarla completamente. Così facendo si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui (Evangelium Vitae, n. 73)».

La Chiesa ha sempre preso una posizione chiara contro l’aborto, perché “Se i Vescovi italiani, insieme al Papa, prendono posizione contro l’iniqua legge che sancisce l’aborto, non è, come taluno insinua, per intromettersi nelle cose della politica. Essi adempiono semplicemente al loro ufficio di pastori, di servi e custodi della Verità da Dio rivelata e stampata nel cuore umano. Tacendo, sarebbero essi stessi condannati dal Signore…” (Papa Luciani).

video di presentazione della proposta di legge

Un cuore che batte, la raccolta firme può fare la differenza

Torniamo a parlare della proposta di legge di iniziativa popolare denominata Un cuore che batte che così recita: «All’art. 14 Legge 22 Maggio 1978, n. 194, contenente “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, si aggiunge il seguente: “comma 1-bis. Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria della gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”».

Affinché sia presentata in Parlamento occorre che la proposta venga sottoscritta da almeno 50.000 firmatari entro il prossimo 7 novembre. Ognuno può firmare nel proprio comune di residenza (non esiste altro canale per la sottoscrizione).

Come appuntavamo un paio di mesi or sono, anche se la proposta approdasse in Parlamento è pressoché certo che verrebbe affossata sia dall’opposizione che dalla maggioranza, la quale ha giurato fedeltà alla 194. Però se la sconfitta è certa in Parlamento, non è altrettanto certa fuori dal Parlamento, ossia nelle piazze, sui media, nelle parrocchie. Vogliamo dire che la raccolta firme può essere il segno visibile e tangibile che un popolo pro life esiste e vuole far sentire la sua voce, esiste e vuole combattere, esiste e non si rassegna, come fanno moltissimi pseudo-intellettuali cattolici, alla situazione esistente, ossia non si rassegna che ogni cinque minuti in Italia venga ucciso un bambino nel ventre della madre.

Allora quelle 50.000 firme – e si spera che possano essere anche di più – saranno non solo 50.000 “No” all’omicidio prenatale, alla cultura della morte, all’annichilimento della coscienza collettiva, ma anche 50.000 “Sì” alla vita, alla maternità, alla speranza, alla fede in Dio che tutto può.

Tutti i pro vita guardano con meraviglia a ciò che è accaduto e sta accadendo negli Stati Uniti a seguito della sentenza Dobbs che ha ribaltato la sentenza Roe e che, pare, ha permesso di salvare già 60.000 vite. Si stupiscono che possa essere avvenuto un così decisivo cambiamento di rotta. Ma è potuto avvenire perché là il popolo per la vita è radicale nelle sue richieste, non stringe accordi al ribasso, non si inchina al compromesso ed è stato sempre consapevole che un cambiamento è possibile perché aveva e ha fiducia in Dio. Tutto l’opposto dell’orientamento della maggioranza dei politici e intellettualoidi che si definiscono cattolici, i quali da sempre berciano che nulla potrà mai più cambiare, che non si può ingranare la retromarcia alla Storia, che è da ingenui e da persone prive di realismo illudersi che la Legge 194 non solo venga abrogata, ma che possa minimamente essere modificata in meglio. In merito agli USA, poi, appuntano che là la situazione è diversa, la cultura è diversa, i politici sono diversi, la sensibilità è diversa, pure la Chiesa è diversa. Pensiamo che oltreoceano sia diversa solo una cosa: là i pro life sono pro life, qui non pochi pro life sono in realtà pro choice.

Quindi, non credete a loro e andate a firmare e informate altri di questa iniziativa, perché negli States sta avvenendo una vera e propria inversione ad U per un semplice motivo: si è lavorato ai fianchi il nemico, lo si è logorato pian piano, si è costruita a piccoli passi, ma con convinzione, una solida cultura popolare a tutela dei bambini non ancora nati. E tutto questo può avvenire anche da noi.

In questa prospettiva la raccolta firme è un contributo originale che può fare la differenza, che può, nel suo piccolo, contribuire ad innescare una conversione della coscienza collettiva. Solo con iniziative come queste, così adamantine negli intenti, così chiare nella loro identità, così nette nel voler distinguere il bene dal male, così coraggiose nell’affrontare la derisione e il politicamente corretto, si potrà vincere e un domani ridurre in cenere la 194. Perché il miracolo può avvenire, ma bisogna crederci.

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